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Psicoterapia della Gestalt

 

La parola tedesca Gestalt è traducibile con forma, figura struttura o configurazione: indica l’insieme di diversi elementi nel costituire un tutto completo, armonico e significativo.

La terapia della gestalt è un approccio psicoterapico parzialmente ispirato ai principi della psicologia della gestalt che si svilupparono agli inizi del Novecento in Germania i cui promotori furono  Kurt Koffka, Wolfgang Köhler e Max Wertheimer. Essi attraverso esperimenti percettivi come le illusioni ottiche dimostrarono che le persone attribuiscono un significato soggettivo all’elemento percettivo. Quindi, si sottolineò l’attitudine della psiche a legare tra loro gli elementi in modo significativo: “la totalità è diversa dalla somma delle singole parti” (la mente non ha una funzione passiva nella percezione, non si limita cioè a ricevere informazioni dagli organi di senso, ma organizza in modo attivo le informazioni ricevute in modo da comporle a formare un “tutto”).

In seguito,  la psicologia della Gestalt contribuì a sviluppare le indagini sull’apprendimento, sulla memoria e sull’interazione tra individuo e ambiente (psicologia sociale). Quest’ultimo principio portò Kurh Lewin ad  interessarsi delle dinamiche di gruppo e a formulare la teoria del campo, secondo la quale il comportamento del soggetto è determinato dall’interconnessione tra la sua personalità  e l’ambiente circostante.

La Gestalt è un approccio umanistico e olistico le cui nozioni fondamentali sono state integrate dalle correnti filosofiche fenomenologiche-esistenziali, secondo cui il primato è la percezione e la consapevolezza del proprio vissuto emotivo, cognitivo e corporeo attraverso cui la persona dà un significato alla propria esperienza, nel momento in cui la sperimenta, nel qui ed ora. La singolarità e l’unicità dell’esistenza umana consiste nell’assumersi la responsabilità di costruirsi attivamente il proprio progetto di vita e attribuire un significato originale a ciò che le accade e al mondo che la circonda.

La terapia della Gestalt nasce negli anni ’50 negli Stati Uniti dalle intuizioni dello psicanalista Frederick Perls, la moglie Laura Posner e un gruppo di intellettuali americani, tra cui Paul Goodman e Isadore From. Il termine "terapia della gestalt" fu usato per la prima volta come titolo del libro “Teroria e pratica della terapia della Gestalt” scritto da Perls, Hefferline e Goodman, pubblicato nel 1951 a New York, in un momento storico di grande trasformazione e sviluppo delle terapie psicologiche: in un incontro-scontro tra l’orientamento interpretativo della psicanalisi e le teorie esperienziali della gestalt. La psicanalisi  scava nel passato del paziente e interpreta l’inconscio, considerato come fonte primaria delle scoperte terapeutiche, al contrario la nuova prospettiva gestaltica riporta il centro sull’esperienza presente del paziente. Infatti, l’orientamento gestaltico non scartò del tutto le interpretazioni della psicanalisi, ma aggiunse degli “esperimenti” che aiutavano il paziente a scoprire cose per conto suo diverse da quelle a cui era abituato. Tale concetto è riassunto nelle parole di Paul Goodman: “L’esperienza si verifica ai confini tra l’organismo e l’ambiente"... noi parliamo dell’organismo che stabilisce un contatto con l’ambiente, mentre la realtà più semplice e immediata è costituita dal contatto in se stesso”. Quindi, le psicoterapie devono focalizzare l’attenzione sul contatto tra il sé e l’ambiente, spazio in cui si verifica l’esperienza psicologica.

Goodman introduce un aspetto innovativo sfuggito alle scienze umane e sociali: lo scambio continuo tra organismo umano e ambiente che lo circonda, in tutte le aree della vita, lega la persona al mondo e viceversa.

Pertanto, in gestalt lo spazio di esperienza tra se ed altro non è vuoto, come nelle altre psicoterapie, ma si svolge in un campo carico di sollecitazioni: volontà, bisogni, desideri, preferenze giudizi, brame ecc., quindi l’interesse è rivolto all’attività di confine di contatto, concetto che può essere spiegato come la responsabilità che hanno le persone nel dare forma all’esperienza.

Il confine di contatto è il luogo in cui avviene la crescita dell’individuo, perché è lì che s’incontra il bisogno emergente della persona e ciò che l’ambiente dispone per soddisfarlo. A seconda del tipo di incontro tra i due elementi può originare un’alleanza o una lotta interminabile se il bisogno viene frustrato. Ad esempio le regole sociali o quelle dei tutori possono colludere con il desiderio della persona costretta a negare le sue passioni per essere amata o accettata dagli altri. L’individuo non può eliminare l’energia dei suoi desideri che continuano a vorticare dentro di se e da cui nasce un alto stato di sofferenza, sentita come intollerabile. La persona per sopravvivere al dolore è costretto ad alienare alcune parti di sé, scinde la sua personalità, da cui origina la nevrosi. Il sintomo nevrotico continua a perpetuarsi nel tempo mediante le resistenze (proiezione, retroflessione, manipolazione, introiezione ecc..), energie mobilitate dal soggetto per sopravvivere al suo conflitto interno. Ne consegue, che nella psicoterapia della gestalt le resistenze non vengono attaccate  o interpretate, ma si chiede alla persona di sperimentarle, nel mettere in atto per integrare le parti e consentire al soggetto di auto-realizzarsi nella sua vita attraverso una creazione continua della realtà.

 

 

 

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